lunedì 22 maggio 2017

Risveglio della Strega - Una storia della CONGREGA: Puntata 1


Morgana strinse il cuscino sulle orecchie. I suoi genitori stavano litigando. Era la quinta volta solo quel giorno ed era ormai diventata parte della loro quotidianità.
Non ricordava con precisione quando avevano iniziato a essere così in collera l’uno con l’altra, forse due o tre settimane prima, ma non ne capiva il motivo.
Staccò controvoglia la federa dall’orecchio sinistro e i capelli lisci e neri le solleticarono il collo. La voce di sua madre rimbombò dal piano di sotto e quella del padre seguì subito, per gridare la risposta all’accusa appena ricevuta.
Morgana rinunciò all’idea di ignorarli. Lanciò il cuscino sul pavimento, scivolò verso il bordo del letto, si alzò e si avvicinò alla porta della sua stanza. Aprì una fessura, tanto le bastava per sentire senza sforzo la litigata.
– Sei un  bugiardo! Ecco cosa sei, un maledetto e infido bugiardo!
– Non puoi accusarmi di questo Stephanie! – replicò  l’uomo. – Una bugia è un’informazione che hai omesso volutamente, non qualcosa che nessuno ti ha mai chiesto.
– Non fare l’avvocato con me, Anthony – urlò lei. – Non siamo in tribunale e non devi esibirti in una delle tue arringhe finali.
– Ah no? Allora perché mi hai messo sul banco degli imputati?
– Lo sai il perché. Sai benissimo che la ragione è… – Stephanie fece una pausa. – E non me lo hai mai detto!
Morgana si domandò a cosa si riferisse sua madre. Aveva notato che al momento di dire apertamente la ragione delle accuse, entrambi si fermavano e non la gridavano come il resto. Forse volevano evitare che lo scoprisse, ma cosa poteva esserci di tanto sconvolgente? Un’amante? Una frode allo studio legale in cui suo padre era socio e che lo aveva spinto ad aprire un conto segreto alle isole Cayman?
– Tu. Non. Me. Lo. Hai. Mai. Chiesto – scandì adirato Anthony. – Mai.
– Come avrei potuto anche solo immaginarlo?
Silenzio.
Morgana aprì di qualche altro centimetro la porta. Suo padre non aveva replicato, sembravano arrivati a uno stallo. Temette il silenzio più delle urla. Non capiva cosa significava e non avere il controllo di quello che poteva accadere, le dava sui nervi.
Uscì dalla sua camera e camminò appiccicata al muro.
– Va bene. Posso aver sbagliato. Ma cosa vuoi che faccia ora? È Qualcosa che non posso cambiare – rispose infine suo padre
– Voglio il divorzio.
Morgana rabbrividì a sentire quella frase. Si paralizzò a due passi dalle scale che portavano al piano inferiore. Un divorzio era una catastrofe. L’Apocalisse della sua vita sociale e scolastica. Le figlie dei divorziati erano sulla bocca di tutti e non nel modo che piaceva a lei.
– Perché? – il tono di Anthony era neutro.
– Lo sai – rispose la donna.
– No. Non so perché vuoi mandare all’aria quasi sedici anni di matrimonio per un… particolare, che non cambia niente tra di noi.
– Lo cambia. Cambia tutto. Non so più chi sei.
– Sono quello che non ti ha mai fatto mancare niente – disse lui, di nuovo furioso. – Quello che si ammazza di lavoro, rinunciando a hobby o altro, perché tu possa avere la tua bella casa, e tutto ciò che ti salta in mente.
– E certo, perché la cattiva sono io, giusto? Tu sei una vittima, il povero marito devoto, tutto casa e famiglia. Ma chissà come l’hai ottenuta questa famiglia.
Morgana udì un rumore di fogli raccolti e sedie spostate.
– Hai superato il limite, Stephanie – disse Anthony con livore. – Ora vedo cosa sei tu in realtà. Una razzista. Sono io a volere il divorzio, non voglio più dividere il mio tempo e  la mia vita con te.
Camminò con foga attraverso il salone e uscì di casa, sbattendo la porta.
Morgana sentì sua madre andare in cucina e rovistare tra le bottiglie, molto probabilmente in cerca del vino bianco. Tornò nella sua stanza e chiuse la porta.
– Non finirà così – disse all’immagine riflessa nello specchio davanti a sé. – Troverò il modo di impedire questo divorzio. Fosse l’ultima cosa che faccio.

Morgana teneva lo sguardo basso. Seduta davanti alla scrivania del preside, con le braccia conserte e i jeans attillati che le fasciavano le cosce, accavallò la gamba sinistra con noncuranza.
– Sai perché ti trovi nel mio ufficio – disse Michael Handerson.
– Veramente no, signor preside – rispose.
Michael sospirò. – Le tue assenze frequenti. Nelle ultime settimane sono diventate troppe e lo sai bene.
– Ho avuto problemi di famiglia.
– E me ne vuoi parlare?
Morgana si morse il labbro contrariata. Il piano non stava andando come aveva programmato. Sperava che le sue continue assenze ingiustificate attirassero l’attenzione del preside, ma voleva che lui convocasse i suoi genitori nel suo ufficio. Non lei. Era una tattica standard. Una volta messi all’erta che quello era il classico modo dei ragazzi per ottenere attenzione, avrebbero fatto marcia indietro sul divorzio. Problema risolto.
Invece il preside voleva provare con l’approccio dell’adulto amico.
– In realtà non dovrei essere sorpreso dalla tua caparbietà. Tuo padre, da giovane, era uguale.
Morgana sollevò gli occhi. – Come fa a saperlo?
– Perché lo conosco bene. Venivamo a questo stesso liceo anche noi, diversi anni fa – spiegò Michael. – Era una testa dura, quando prendeva una decisione non si muoveva dalla sua posizione, neanche davanti all’evidenza di un errore.
– Altri pregi? – domandò Morgana sarcastica.
Il preside sorrise. – Era autoritario, tanto da incutere timore, ma anche un amico leale. Ed è un uomo speciale, con grandi doti, che la maggior parte delle persone non possono capire.
Morgana pensò che forse none era staro un totale fallimento. Forse poteva carpire qualche altra informazione utile. – Per esempio?
– Credo sia un discorso che devi fare con lui.
– Perfetto, lo chiami ora.
– Intendo in privato – ribatté Michael. – Per quanto possa essere impegnato, sono sicuro che Anthony avrà sempre del tempo per te.
Morgana sbuffò. La prima impressione era quella giusta. Aveva fatto un buco nell’acqua.    
Michael Handerson si alzò e andò di fronte a lei. – Morgana Mayer, sei una ragazza intelligente e sono certo che hai ereditato le doti speciali di tuo padre. Sono qui, se vuoi confidarti con me, ma sappiamo tutti e due che i problemi di famiglia sono una scusa, neanche troppo originale, per giustificare qualcos’altro che non ha niente a che fare con la scuola.
– Se non vuole chiamare i miei genitori, cosa intende fare? – domandò incuriosita.
– Niente. Come ho detto, sei intelligente, sai da sola che stai danneggiando il tuo futuro, senza vantaggi. Suppongo tu non voglia essere bocciata per una motivazione così sciocca e stare in questa scuola un anno in più.
Morgana si alzò a sua volta. Aveva colto nel segno, rimanere il più a lungo del necessario al liceo, non era nei suoi piani.
– Cercherò di recuperare le lezioni che ho perso e ridurrò le mie assenze.
– Saggia decisione. – Michael rimase a fissarla per qualche istante. – Sicura che non c’è nient’altro di cui vuoi parlarmi?
Morgana scosse la testa. – No, ma dato che mi reputa tanto intelligente, cosa mi consiglierebbe di fare per risolvere un problema che non ha soluzione?
– Dovrei avere qualche informazione in più. Ad esempio, di che genere di problema parliamo?
– Un problema di famiglia.
Michael sorrise di nuovo, massaggiandosi la barba. – Già, lo sospettavo. Resterai sul vago?
Morgana annuì.
– D’accordo, allora affronta la situazione di petto. Qualunque problema si risolve, se si dimostra di essere decisi e sicuri. A volte, la scelta migliore è un’azione drastica.
Morgana lo guardò colpita. Credeva fosse un vecchio fallito, uno che cercasse di farsi ben volere a ogni costo, il tipico uomo di mezza età con la sindrome di Peter Pan. Invece le aveva dato una buona idea.
– La ringrazio – rispose. Si alzò e si avviò alla porta. – Seguirò il suo consiglio. Un’azione drastica è quello che ci vuole.

                                                 Continua...

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